L’omicidio di Marco Vannini è ancora tutto da chiarire; il 17 maggio 2015 il ventenne di Cerveteri, viene ucciso da un colpo di pistola mentre si trovava a casa della sua fidanzatina, Martina Ciontoli. Ad assumersi la responsabilità del colpo è Antonio Ciontoli, padre della ragazza. L’uomo però durante l’ultima udienza ha cambiato nuovamente la sua versione.
Marco Vannini, ventenne di Cerveteri, muore in tragiche circostanze il 17 maggio del 2015. Il ragazzo di trovava a Ladispoli per passare la notte a casa della sua fidanzata Martina Ciontoli, assieme a tutta la famiglia della giovane. Il ragazzo viene ucciso però da un colpo di pistola sparato dal padre della ragazza, Antonio Ciontoli, maresciallo della Marina Militare. Il caso assume i tratti di un mistero quanto tutta la famiglia tarda nel chiamare i soccorsi e non specifica all’operatore del 118 cosa sia accaduto a Marco. Inoltre le versioni di tutti i familiari diventeranno un gioco a copertura dell’uomo accusato con l’intera famiglia di omicidio volontario.
Il 26 ottobre 2017 si è svolto un nuovo processo per il caso Vannini e in Corte d’Assise si è presentata per la prima volta l’ex fidanzata di Marco, Martina e il padre Antonio che è tornato ad assumersi la responsabilità del colpo sparato al torace del ventenne: “Ho sparato io a Marco, per errore durante un gioco, mentre lui si trovava nella vasca da bagno“. Le incongruenze degli imputati fin ora sono state molteplici durante i diversi interrogatori con i pm. Ciontoli infatti ha fornito una nuova versione dei fatti nel suddetto ultimo processo: “La mattina avevo deciso di pulire le mie 2 pistole e la sera mi sono ricordato di averle lasciate nella scarpiera del bagno nel momento in cui Marco si stava lavando. Sono entrato in bagno, tra me e Marco c’era un rapporto intimo. Anche mia figlia era presente ma è uscita. Marco ha visto le armi e ha chiesto di vederle. Abbiamo giocato un po’, ho preso la pistola, ho caricato e ho premuto il grilletto pensando fosse scarica“.
Inizialmente Ciontoli aveva sostenuto che la pistola gli fosse scivolata, ma ci sono ancora troppe ombre circa il momento dello sparo fino alla chiamata dei soccorsi: “Mi sono accorto del foro di entrata sulla spalla – ha testimoniato Ciontoli – e pensavo il proiettile fosse rimasto nel braccio. Perciò non ho chiamato l’ambulanza inizialmente, volevo portarlo io al pronto soccorso. Io e mio figlio Federico abbiamo portato Marco sul letto. Nessuno nella casa sapeva. A lui ho detto la verità mentre andavamo al pit”. Il caso sembra ancora molto lontano dalla verità.
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