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Roberta Bruzzone sulle ossa ritrovate: “Non sono di Emanuela Orlandi ma di…”

Da qualche giorno è tornato d’attualità uno dei più grandi misteri della cronaca nera italiana: la scomparsa di Emanuela Orlandi, avvenuta ben 35 anni fa. Questo dopo il clamoroso ritrovamento di ossa sotto i pavimenti della Nunziatura Apostolica di Roma. Ritrovamento che qualcuno ha associato subito alla vicenda della cittadina vaticana, scomparsa nel 1983. Per sapere a chi appartengano le ossa, però, bisognerà aspettare ancora qualche giorno. 

Quello di cui si è a conoscenza, per ora, è che molto probabilmente si tratta delle ossa di una donna, dal corpo minuto e di bassa statura. Inoltre, pare che le indagini si stiano concentrando sull’arcata dentale. L’attenzione degli inquirenti, da un primo esame esterno, si è soffermata infatti sulla presenza di un dente, probabilmente un molare, che potrebbe essere quello del giudizio e ciò porterebbe ad escludere si tratti di un bambino. Sulla vicenda è intervenuta anche la criminologa Roberta Bruzzone sulle pagine de Il Tempo.

Le dichiarazioni di Roberta Bruzzone

L’esperta dice la sua sul misterioso ritrovamento. Alla domande se le ossa possano appartenere ad Emanuela Orlandi, risponde: “Mi sembra francamente presto per esprimere un parere. Certo è che si tratta di una scoperta inquietante perché è indubbio che i resti siano legati ad un’azione omicidiaria“. E “più che dire ciò che non torna, credo sia importante dire ciò che torna”, sottolinea la criminologa. “L’inchiesta è stata poderosa, indirizzata senza indugi verso la ricerca della verità. Il problema, come ha detto Pietro Orlandi, è che ogni qualvolta si sia cercato di raggiungere l’obiettivo – continua la Bruzzone – ci si è trovati di fronte a un ostacolo, venuto non dall’esterno delle mura vaticane. Questo dettaglio fa riflettere”.

La psicologa accenna poi alla possibilità che le ossa possano essere di Mirella Gregori, la 15 enne scomparsa a Roma un mese prima di Emanuela. Le vicende delle due adolescenti, infatti, sono state da sempre accomunate in quanto a tempistiche e modalità. “Io credo che i casi di Emanuela e Mirella siano stati indebitamente collegati” dice la Bruzzone. Addirittura, a detta dell’esperta, questo collegamento “non ha giovato all’inchiesta sulla scomparsa della prima. E se dovessi proprio ipotizzare un’annessione tra scoperta dello scheletro e le due adolescenti, penserei sicuramente più a Mirella Gregori che all’Orlandi”.

Pietro Orlandi : “Trattativa col Vaticano per la verità su Emanuela. Poi il silenzio”

“Il 2012 fu segnato da un fatto rilevante. In quel periodo si parlava dell’apertura della tomba di De Pedis a Sant’Apollinare e l’allora Procuratore della Repubblica, Capaldo, dopo essere stato contattato dal Vaticano, si recò ad incontrare un autorevole prelato per una sorta di trattativa sul caso Orlandi”. Parla così, Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, al Messaggero pochi giorni dopo il misterioso ritrovamento di alcune ossa nella Nunziatura di Via Po 27 a Roma. 

Mentre la procura acquisisce i documenti delle ristrutturazioni e la Squadra mobile interroga gli ex dipendenti della Nunziatura (inclusa l’ex custode, Anna Mascia), Pietro Orlandi ricorda che sei anni fa “un alto prelato chiese un’inchiesta morbida” al procuratore di allora Capaldo sul caso della rimozione della salma di De Pedis. In cambio avrebbe fornito “notizie e carte ai magistrati su mia sorella”. Il procuratore allora chiese carte “che aiutassero a dare risposte ma successe una cosa inquietante: nessuno si fece più sentire“.

Dice di non sapere di quale prelato si trattasse, ma che fu lo stesso Capaldo a parlargliene, ed era “qualcuno al vertice”. Il fratello di Emanuela si dice poi convinto che ci siano carte conservate in qualche archivio perché “Paoletto“, il maggiordomo di Benedetto XVI finito in carcere perché trafugava documenti gli aveva detto di “avere visto su una scrivania un dossier spillato con su scritto: Rapporto Emanuela Orlandi“. Per Orlandi, in Vaticano, “il nome di Emanuela è ancora un tabù“. A proposito dice: “La cappa di silenzio va avanti da 35 anni. La mia famiglia non è mai stata ricevuta né da Benedetto XVI, né da Papa Francesco. Solo mia mamma ha potuto avere un incontro veloce con Francesco, ma da sola, senza nessun altro”.

 

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