Veronica Panarello: ecco come ha ucciso il figlio Loris Stival
Veronica Panarello è stata condannata a 30 anni di reclusione per l’omicidio e l’occultamento del cadavere del figlio Loris Stival. La Corte d’Assise d’Appello, lo scorso luglio, ha confermato la sentenza di primo grado. I giudici, accogliendo la richiesta dell’Accusa, il Pg Maria Aschettino e il Pm Marco Rota, hanno confermato la decisione di primo grado emessa il 17 ottobre del 2016 dal Gup di Ragusa, Andrea Reale, col rito abbreviato. Per la giustizia, fu la Panarello che quella maledetta mattina del 29 novembre 2014 uccise il piccolo Loris, gettando poi il corpo nel canalone di contrada Mulino vecchio di Santa Croce Camerina e fece tutto da sola. La responsabilità “è dimostrata al di là di ogni ragionevole dubbio“. Alla base del delitto, avvenuto strangolando il bambino con fascette di plastica da elettricista, il litigio di quella mattina perché Loris non voleva andare a scuola. Non si tratta dunque di un delitto premeditato.
“Un dolo d’impeto, nato dal rifiuto del bambino di andare a scuola quella mattina e dal diverbio nato con la madre, il contenuto è conosciuto soltanto all’imputata”, scriveva il gup Reale secondo cui l’omicidio sarebbe stato “dettato da un impulso incontrollabile, da uno stato passionale momentaneo della donna“. Dinamica, modalità e tempi dell’omicidio “appaiono dirimenti ai fini di escludere la circostanza della premeditazione”. Il gup, nelle motivazioni della sentenza, affronta anche il tema della sanità mentale della donna, anche sulla base delle perizie mediche, parlando di “figlicidio per vendetta, successivamente ribattezzato sindrome di Medea”. E argomenta che, a parte “la presenza di tratti disarmonici di personalità” e “di labilità emotiva”, la donna non presenta “disturbi dell’area psicotica, della coscienza o delle percezioni”. Secondo uno dei periti, peraltro, “il disturbo narcisistico e istrionico” sono in relazione “a psicopatici bisogni di considerazione”, dovuti a una infanzia difficile.
Davide Stival replica alle accuse di Veronica Panarello
Veronica Panarello ha recentemente accusato il marito Davide Stival di non ricevere in carcere informazioni e foto del secondogenito. La donna è attualmente detenuta nel carcere di Catania, condannata in primo grado a 30 anni di reclusione per l’omicidio del figlio primogenito Loris. A Storie Italiane è intervenuto sulla vicenda l’avvocato Daniele Scrofani, legale di Davide. Scrofani ha replicato alle accuse della Panarello, riportando le parole del suo assistito. Davide sostiene, infatti, di aver mandato alla moglie le foto del bambino.
“La corrispondenza interviene in maniera regolare: recentemente c’è stata una lettera abbastanza ricca di particolari sul normale evolversi della vita del bimbo. A causa del trasferimento da un carcere all’altro, c’è stata una breve interruzione. Le lettere da inviare sono una al mese. Questo secondo il provvedimento della Corte d’Appello di Catania. Davide è tenuto a dare informazioni sulle condizioni del figlio una volta al mese. Deve poi spedire foto e video ogni tre mesi” ha specificato il legale.
Scrofani ha poi replicato alle recenti dichiarazioni rilasciate da Franco Panarello, padre di Veronica, sempre nel programma di Eleonora Daniele. L’uomo continua infatti a difendere la figlia. “In carcere Veronica non sta bene. – aveva dichiarato – Non penso che avrebbe fatto al figlio una cosa del genere, la vera giustizia si deve cercare. Sapendo che mamma è, non penso che lo avrebbe fatto. Perché non chiedere aiuto? Anche questo è vero, purtroppo”. A queste parole, il legale di Davide Stival ha voluto così rispondere: “Io ho sempre avuto rispetto per questo uomo, ma certe frasi sono inascoltabili: la Panarello ha dato una serie di versioni, è stata trattata in un modo incredibile dal punto di vista processuale, ogni versione è stata valutata minuziosamente dalle forze dell’ordine”.