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Elena Ceste: ecco tutta la ricostruzione dell’omicidio

Era il 24 gennaio del 2014 quando Elena Ceste è scomparsa nel nulla. Aveva soltanto 37 anni ed era sposata da più di 15 anni con Michele Buoninconti. Insieme avevano costruito una famiglia composta da ben quattro figli, ma il loro rapporto, purtroppo, non era tutto rose e fiori. Dopo diversi mesi dalla scomparsa, precisamente il 18 ottobre del 2014, venne trovato il corpo privo di vita della donna nelle acque del Rio Mersa, nelle campagne di Asti, a circa un chilometro dalla sua abitazione a Costigliole d’Asti. Dopo mesi e mesi di indagini e le molteplici prove raccolte, la Procura accusò proprio Michele dell’omicidio della moglie.

La ricostruzione

Buoinconti è stato condannato, in tutti e tre i gradi di giudizio a 30 anni di reclusione. Secondo la ricostruzione che fanno i giudici, quella maledetta mattina, dopo aver accompagnato i figli a scuola in macchina, Michele è rientrato a casa alle 8.43. Il delitto è avvenuto proprio in questi minuti all’interno della loro camera da letto. Buoninconti, secondo l’accusa, ha strangolato la moglie fino ad ucciderla. L’autopsia, infatti, ha stabilito che la donna è morta per asfissia. Subito dopo, il vigile del fuoco ha adagiato il corpo nel bagagliaio dell’auto parcheggiata di fronte l’auto del garage. Da lì, in altri sei minuti, l’ha trasportato fino al Rio Mersa, dove poi è stato ritrovato. L’esame delle celle telefoniche ha confermato in toto questa ricostruzione.

Il lasso di tempo, estremamente breve, in cui Michele ha ucciso Elena e occultato il suo cadavere ha portato i giudici di Piazza Cavour a ritenere che l’uomo avesse già pianificato tutto. Tanto che, subito dopo essersi sbarazzato del corpo, era già pronto ad inscenare la parte del marito affranto alla disperata ricerca della moglie scomparsa.

“La colpevolezza di Buoninconti unica possibile lettura dei fatti”

La colpevolezza di Michele Buoninconti è l’unica possibile lettura da dare all’omicidio di Elena Ceste“, è quanto scrivono i giudici della Corte Suprema di Cassazione, confermando la condanna a 30 anni di reclusione per l’uomo. Nell’approfondire le motivazioni della condanna, si soffermano in particolare sulla dinamica del delitto in relazione agli orari dello svolgimento dei fatti. Si legge nella sentenza: “I tempi ristrettissimi (12 minuti circa) in cui l’imputato commise il delitto e poi occultò il cadavere, compatibilmente con il falso alibi già predisposto, comportarono una serie di azioni ben studiate, così da poter essere seguite in continuità secondo una cadenza sul filo dei minuti“. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, l’omicidio sarebbe avvenuto il giorno stesso della scomparsa di Elena, intorno alle 9 del mattino.

Il movente

Ma perché Michele ha ucciso Elena? Secondo l’accusa, Buoninconti nel commettere un atto così brutale è stato animato “dal più atavico dei sentimenti maschili: una sete di dominio unita ad un malinteso senso dell’onore“. Aveva “l’esigenza di affermare il proprio dominio unitamente a un sentimento di vendetta di fronte a tradimenti comprovati“. Si è trattato di “chiara e premedita volontà omicida e di una evidente volontà di depistare da sé i sospetti e sviare le indagini”. Secondo la procura non meritava sconti di pena un uomo definito lucido e freddo, ma con “palesi contraddizioni del suo narrato”.

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