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Michael Jackson, la famiglia pubblica su YouTube il contro-documentario di risposta

Mentre è da poco arrivato su HBO Leaving Neverland, il famigerato documentario di quattro ore volto a riconsiderare la colpevolezza di Michael Jackson nelle decennali accuse di pedofilia, i difensori passano alla risposta. Come preannunciato da tempo, e ora finalmente confermato, la famiglia della defunta popstar ha finanziato una sorta di contro-documentario. Un autentico prodotto di risposta, volto a dimostrare l’assurdità delle accuse del primo film. Non solo: per assicurarsi la massima copertura mediatica, i realizzatori hanno caricato il risultato direttamente su YouTube.

Neverland Firsthand è online: il racconto alternativo agli episodi di Michael Jackson, prodotto dalla famiglia del cantante

Neverland Firsthand – Investigating the Michael Jackson Documentary è dunque il titolo del nuovo documentario. Un prodotto più rapido, intorno ai trenta minuti, e già disponibile online per i numerosi fan e accusatori del cantante. Come l’originale Leaving Neverland poneva l’accento sulla difficoltà della gente nel riconoscere le azioni criminali di persone famose, il nuovo film proverebbe a ribaltare la questione. Il regista Liam McEwan, intervistando parenti e investigatori sul caso, ha provato infatti a dimostrare la facilità con cui personaggi famosi vengono tirati in mezzo in tribunale a scopi lucrativi.

Neverland Firsthand porta dunque in scena le testimonianze “alternative” ai fatti raccontati precedentemente, con lo scopo di riconsiderare l’innocenza di Michael Jackson. Citando gli episodi di Will Smith e Britney Spears, ricorda precedenti importanti di cause “inventate”. Attraverso le testimonianze di altri ragazzini coinvolti, ribadisce l’innocenza delle famose “feste”. Vengono inoltre delegittimate le testimonianze di Wade Robson e James Safechuck, protagonisti del primo film. Altri ragazzi avevano  avuto modo di raccontare versioni differenti dei fatti, poi certificati come illegali dai tribunali. Il documentario completo è già disponibile online, per i molti che volessero farsi un’opinione.

Barbra Streisand prende le difesi di Michael Jackson

Barbra Streisand difende Michael Jackson dalla bufera che si è abbattuta sulla sua memoria in seguito alla diffusione del documentario Leaving Neverland. Sul re del pop è stata gettata un’ombra terribile: a quanto pare la star aveva relazioni sessuali con bambini di 7 e 10 anni, il che ovviamente non è piaciuto né ai fan né all’opinione pubblica. C’è un’artista di fama internazionale, tuttavia, che ha deciso di schierarsi dalla parte di Michael Jackson: Barbra Streisand. Intervistata dal Times, la Streisand ha dichiarato che crede a quanto visto nel documentario. Al tempo stesso, però, non la vede come un’azione così grave. “I suoi bisogni sessuali erano i suoi bisogni sessuali, causati da qualunque infanzia avesse avuto o dal suo dna”, ha affermato.

I racconti di Wade Robson e James Safechuck – questi i nomi dei due bambini di cui si parla nel documentario – hanno scioccato tutto il mondo. Ora sono adulti, eppure hanno raccontato delle molestie subite quand’erano solamente dei bambini. Barbra Streisand ha considerato qual è la loro vita adesso e la loro apparente serenità le è sembrata una garanzia sufficiente: “Oggi sono sposati e hanno avuto dei figli. In fin dei conti, non li ha uccisi“, ha dichiarato la cantante nella sopracitata intervista del Times. “Puoi dire che siano stati ‘molestati’, ma quei bambini, come li potete sentire dire, erano entusiasti di essere lì”, ha concluso la Streisand commentando il documentario Leaving Neverland.

Un punto di vista curioso, solo per usare un eufemismo. A quanto pare la cantante intende minimizzare quanto accaduto nel ranch di Michael Jackson ponendo una giustificazione che difficilmente sta in piedi. I bisogni sessuali del re del pop potevano essere soddisfatti solamente con dei bambini e, in virtù di questo, le molestie potevano essere accettate? Certamente no. Se poi si aggiunge il ruolo delle famiglie dei minori (consenzienti), allora anch’esse sono colpevoli. Una cosa non esclude l’altra e le vittime, certamente, porteranno addosso segni più profondi di quelli (non) percepiti da Barbra Streisand.

 
 
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