Rocco Papaleo è attualmente sul set in Puglia del nuovo film di Carlo Verdone, “Si vive una volta sola”, con protagonisti anche Anna Foglietta, Max Tortora e lo stesso Verdone. Ieri lo abbiamo visto in tv nel film di Miniero “La scuola più bella del mondo”. È un artista instancabile, la prossima stagione sarà anche in scena con “A ruota libera” con Alessandro Haber, Sergio Rubini e Giovanni Veronesi. Nella sua professione di attore, però, deve convivere con un problema di salute.
«Fin da bambino sono miope, tanto miope: non ho ricordi molto nitidi del mondo… Credo di avere ereditato la miopia da mio padre: lui era alto, con meravigliosi occhi azzurri, io invece sono basso con gli occhi verde marcio e molto più miope di lui», ha raccontato al settimanale Ok Salute.
Difetto o risorsa, fatto sta che il tanto amato artista ha dovuto sviluppare altri strumenti e questo problema di salute si è rivelato in realtà un’opportunità. «Mi ha permesso di sviluppare uno sguardo diverso, di usare l’immaginazione, di esprimermi con la poesia. Ho iniziato scrivendo canzoni. La prima che ho composto, “Torna a casa, foca”, l’ho cantata a Sanremo e ha fatto ballare il teatro Ariston. Alla miopia devo molto, anche se nel mio caso è davvero accentuata. Ancora oggi, nonostante gli occhiali, non riesco a mettere a fuoco distintamente gli oggetti lontani: mi mancano nove diottrie all’occhio destro e undici al sinistro, e per non farmi mancare niente sono anche presbite e un po’ astigmatico».
Già da bambino ha dovuto ingegnarsi, coltivando quell’abilità che si scopre durante l’infanzia e che forse questo problema di salute ha aiutato a preservarla anche da adulto. «Fin da piccolo ho usato gli occhiali della fantasia per supplire al mio difetto: spesso mi divertivo a inventare storie plausibili e, non potendo inquadrare perfettamente la realtà, la ricostruivo con particolari dettati dalla mia mente. Ogni volto che non mettevo a fuoco poteva trasformarsi come la fantasia mi suggeriva».
«In certe occasioni, oltre agli occhiali, utilizzo le lenti a contatto, quelle morbide, usa e getta. Ai tempi dell’università non esistevano e le lenti rigide non facevano per me: non riuscivo a sopportarle a lungo e dopo averle tenute per venti ore in fila, una volta, ho avuto una specie di rigetto. Da allora, mai più. Anche d’inverno porto spesso gli occhiali scuri per proteggere gli occhi dalla luce, che per me risulta troppo intensa, in particolare al mattino.
Il problema è che sono molto distratto e ho sempre la testa impegnata in mille pensieri, e a volte non trovo più gli occhiali. Ma ho un mio trucco infallibile: ne tengo sempre un paio di riserva in un posto fisso, che conosco solo io e che posso raggiungere anche alla cieca.
In passato avevo preso in considerazione l’idea di ricorrere all’intervento per correggere la miopia, ma me lo hanno sconsigliato perché, nel mio caso, non sarebbe stato risolutivo. Magari, dati i progressi della medicina, potrei fare qualcosa e varrebbe la pena informarsi. Ma gli occhiali sono ormai un’appendice importante per me e mi capita anche di giocarci».
Colpisce davvero come l’artista si sia confessato. Non è affatto semplice parlare di problemi di salute e ancor più renderli qualcosa di positivo, ma la sua esperienza ne è un esempio e la sua forza risiede anche nel carattere ironico con cui tende anche a sdrammatizzare.
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