Quello che è successo nel deserto del Cile, nell’ex-città mineraria di La Nora, ha dell’incredibile: nel 2003 è stato trovato lo scheletro di quello che sembrava il corpo di un alieno. L’ipotesi (agghiacciante) è stata smentita dopo ben 15 anni grazie al test del DNA. Lo scheletro, di appena 15 centimetri, presentava la testa allungata, le orbiti oculari oblique e 10 paia di costole e tutto lasciava pensare che fosse proprio un ritrovamento di un extraterrestre; il ritrovamento ha giustamente destato l’attenzione di tutte la comunità scientifica e anche per i più scettici è stato facile pensare che si trattasse davvero di un corpo non umano. L’analisi condotta da Garry Nolan, professore di microbiologia ed immunologia dell’Università di Stanford, ha però smentito l’ipotesi aliena, ricostruendo il profilo genetico dello scheletro, che i ricercatori hanno soprannominato Ata. Secondo le ricerche dunque Ata altro non è se non un feto femminile con tratti riconducibili ad antenati nativi americani ed europei, risalente ad almeno 40 anni prima del suo ritrovamento, e deformato da alterazioni genetiche che hanno mutato alcune parti del suo scheletro.
Secondo lo studio del professor Nolan, dietro lo scheletro “alieno” ci sarebbe una triste verità: “Quella di una donna che ha dato alla luce una figlia malformata. Impossibilitata a ricevere nutrimento, la bambina deve essere nata morta o poco dopo il parto. Una volta deceduta la donna ha avvolto la figlia in un tessuto bianco legato da un nastro viola. Così la mummia è stata ritrovata e venduta ad un collezionista spagnolo come un oggetto strano”. L’incredibile scoperta è stata pubblicata sulla rivista Genome Research e l’obiettivo del gruppo di studiosi della Stanford University è comprendere il processo di mutazione che ha colpito Ata, al fine di studiare nuove terapie e farmaci in grado di ricostruire le ossa in caso di fratture o di altre malattie.