Alzheimer: cos’è la “doll therapy”? Come aiutare i pazienti senza farmaci
Si è spento a 61 anni Ivo Cilesi, positivo al coronavirus in seguito ad una crisi respiratoria. Originario di Genova, è morto a Parma in queste ore, tra lo stupore e lo sconforto di familiari e colleghi
“Avremo sempre il suo esempio come guida, esprimiamo inoltre gratitudine per la vicinanza e sensibilità sempre dimostrate verso la nostra associazione e tutte le persone fragili”: queste le parole di commiato sul profilo ufficiale di Alzheimer Uniti Italia, di fronte alla perdita del Dott. Cilesi. Luminare tra i massimi esperti nella lotta all’Alzheimer, il suo metodo più conosciuto, la doll therapy, rimarrà un caposaldo della terapia non farmacologica per aiutare i malati di Alzheimer. La terapia proposta da Cilesi va ad agire sull’insonnia, il senso dell’abbandono, l’aggressività e il wandering (la perdita d’orientamento e il vagare senza motivo né meta).
Cos’è la doll therapy?
Una cura non farmacologia per aiutare tutti i malati di Alzheimer, la ‘malattia che cancella i ricordi’. Ma come funziona questa “terapia delle bambole”? Utilizzando, appunto, un ninnolo così legato all’immaginario infantile. La ritualità nell’accudire questi giocattoli, come fossero reali, ha effetti assolutamente benefici. Una terapia, dunque, che senza bisogno di farmaci riesce ad alleviare le sofferenze tipiche della demenza e in particolare dell’Alzheimer, puntando sul risveglio emotivo e sensoriale del paziente. I giocattoli vanno ad assumere le sembianze affettive di un animale domestico o di un un neonato da accudire, stimolando la presenza di sé e combattendo ansia e depressione.
«Non ho idea di dove abbia potuto contrarre il virus»
Ivo Cilesi si è spento la notte tra domenica e lunedì nell’ospedale di Parma dov’era stato ricoverato in seguito ad una crisi respiratoria. Accanto a lui fino all’ultimo e ora in quarantena, anche la sua compagna e collaboratrice, che ha spiegato: “Non ho idea di dove abbia potuto contrarre il virus”. Attorno alla sua scomparsa si stringono amici e collaboratori, compresi i migliaia di volontari formatisi nei centri in cui aveva insegnato il suo fondamentale approccio all’Alzheimer.