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Squid Game, “il gioco del calamaro”: perché la serie Netflix si chiama così?

A poco più di due settimane dalla sua distribuzione è diventata la serie del momento

Parallelamente a produzioni del calibro di Stranger Things così come le europee Bridgerton, The Crown e Sex Education – per citarne alcune – un’altra serie Netflix ha attirato di recente l’attenzione. Direttamente dalla Corea del Sud, si tratta di un adrenalinico k-drama il cui titolo è già cult: Squid Game. Rilasciato sulla piattaforma lo scorso 17 settembre, è diventato un vero e proprio caso mediatico. La serie, un survival game in 9 episodi, segue infatti le vicende di 456 persone – focalizzandosi su 5 di loro, in particolare – indebitate fino al collo. Persone che non hanno nulla da perdere e che, dunque, decidono di partecipare a quello che viene loro presentato come un esperimento sociale. In palio per il vincitore 45,6 miliardi di won (circa 34 milioni di euro). Le prove consisteranno in una versione estrema di giochi per bambini. Chi vincerà potrà passare al livello successivo mentre chi perderà farà una brutta fine.

Il gioco del calamaro“, Squid Game è la serie del momento: come funziona il gioco

C’è chi lo ha definito il Takeshi’s Castle gore: e, in effetti, dando un rapido sguardo a Squid Game potrebbe portare a pensarlo. Quel tocco alla Hunger Games, contaminato con il sadismo alla Saw – l’enigmista e con la critica alla classe sociale targata Parasite, il capolavoro di Bong Joon-ho Premio Oscar 2020, conferiscono un quadro ben più complesso. Il racconto, man mano, diventa sempre più forsennato e crudele portando allo stremo le conseguenze del proprio narcisismo, in vista del bene collettivo. Lo show è inoltre un’ottima occasione per ragionare sul valore affibbiato al denaro, soprattutto nella società contemporanea.

Ma perché si chiama Squid Game? Sin dalla sequenza iniziale dell’episodio pilota, 1, 2, 3 stella, viene spiegato in cosa consista il curioso gioco. Traducibile in italiano come Il gioco del calamaro, a rivelarlo al pubblico internazionale è il protagonista Seong Gi-hun, come voce fuori-campo. In una sequenza in bianco e nero, dei bambini sono intenti in un gioco tradizionale sud-coreano di gruppo, che vede i partecipanti divisi in due squadre: difesa e attacco.

I primi si muovono all’interno di grossa sagoma che richiama la forma di un calamaro. Mentre i difensori possono muoversi con entrambi i piedi, gli attaccanti possono saltellare con un solo. Se uno di questi ultimi riesce a superare la linea di difesa, ha il diritto di muoversi con entrambi i piedi. In tale posizione assume il nome di Ispettore segreto. Nel round finale di Squid Game, gli attaccanti devono riunirsi all’interno della sagoma del calamaro e, per vincere, uno di loro deve riuscire a mettere i piedi all’interno del piccolo spazio che delimita la testa dell’animale. I difensori, dal canto loro, possono vincere se riescono a buttare fuori dalle linee gli attaccanti.

Perché la serie si intitola Squid Game? Le parole dell’ideatore

Nonostante la serie si prefigga come scopo la descrizione della società capitalista, Hwang Dong-hyuk, ideatore dello show, ha optato per un gioco tradizionale come titolo. Il motivo? A rivelarlo è proprio la mentre creatrice dietro Squid Game. Dong-hyuk ha difatti ammesso di aver voluto affrontare una tematica complessa attraverso uno stile fiabesco, affermando: “Volevo scrivere una storia che fosse un’allegoria o una favola sulla moderna società capitalista, qualcosa che rappresentasse una competizione estrema, un po’ come l’estrema competizione della vita. Ma volevo che usasse il tipo di personaggi che tutti abbiamo incontrato nella vita reale.

Ma perché, tra tanti giochi, la scelta è ricaduta proprio su Squid Game? La risposta è molto più semplice del previsto. Hwang Dong-hyuk. Si tratta difatti del suo gioco preferito da bambino, nonché anche il più fisico tra tutti. Per questo, secondo l’ideatore stesso della serie, ben si adattava a livello metaforico per descrivere la società odierna, improntata sull’agonismo e la competizione.

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Lorenzo Cosimi

  • Cinema e tv

    Romano, dopo la laurea triennale in Dams presso l’Università degli Studi Roma Tre, si è poi specializzato in Media, comunicazione digitale e giornalismo alla Sapienza. Ha conseguito il titolo con lode, grazie a una tesi in Teorie del cinema e dell’audiovisivo sulle diverse modalità rappresentative di serial killer realmente esistiti. Appassionato di cinema, con una predilezione per l’horror nelle sue molteplici sfaccettature, è alla ricerca costante di film e serie tv da aggiungere all’interminabile lista dei “must”. Si dedica alla produzione seriale televisiva con incursioni sui social.

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