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Cose da Vip

Gabriele Muccino: Carla Vangelista chiede 300mila euro per danni morali e materiali

Si torna a parlare di Gabriele Muccino, ancora una volta per motivi che esulano dai suoi film. Pochi giorni fa il regista romano è finito nell’occhio del ciclone per le discutibili dichiarazioni rilasciate sul conto di Pier Paolo Pasolini; adesso si apprende che la sceneggiatrice e scrittrice Carla Vangelista gli chiede ben 300mila euro per danni morali e materiali. L’inizio della vicenda risale al 2013, ovvero al periodo in cui Muccino ha attaccato la donna tramite Twitter, accusandola di aver “plasmato” suo fratello Silvio fino a renderlo irriconoscibile e a “rovinargli la vita, allontanandolo dalla famiglia e dagli amici (“Carla Vangelista – ha scritto, fra l’altro – improvvisata scrittrice di discutibile talento che ha sequestrato e rovinato il talento e (opinione personale) la vita di un promettentissimo ragazzo“). Lì per lì la Vangelista ha taciuto, o almeno ha scelto di non replicare pubblicamente. In compenso si è rivolta agli avvocati e l’ha querelato con l’accusa di diffamazione. Il processo comincerà il prossimo 25 novembre e il difensore della donna, l’avvocato Daniele Bocciolini, con una richiesta di costituzione di parte civile depositata in cancelleria ha già quantificato la cifra: 300mila euro, appunto. Metà per il danno morale e metà per il danno patrimoniale.

Silvio Muccino sarà presente in aula e testimonierà per la parte offesa. Il che significa, ovviamente, che la frattura fra i due fratelli si farà ancora più profonda. Ormai appare davvero insanabile, ormai è guerra aperta. E, con ogni probabilità, non si conoscerà mai la reale causa scatenante. “Lo dico per te, Signora Carla – ha scritto inoltre Muccino, sempre in quelle occasioni – La mia opinione resterà la stessa nei tuoi confronti ma la tua reazione in una sede penale, scomodare un Pm per il tuo ego ferito, è cosa meschina e rideranno di te ancora di più appena volterai le spalle… la giustizia in Italia ha ben altro di cui occuparsi“. Si augurava che la sceneggiatrice non riaprisse in tribunale la “dolorosa parentesi“, invece lei l’ha fatto. Adesso la parola passa al giudice.

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