
Lo scrivono i giudici della Corte d’Appello di Firenze che hanno confermato la condanna a venti anni di carcere per Antonio Logli: «Illogico pensare a un allontanamento volontario». Roberta Ragusa è stata uccisa dal marito per ragioni economiche. Il movente che avrebbe spinto Antonio Logli a uccidere la moglie secondo i giudici della corte d’appello di Firenze non sarebbe quindi di natura passionale ma economica. Nelle ottantuno pagini di motivazioni della sentenza che in secondo grado ha confermato la condanna dell’uomo a vent’anni di carcere per omicidio e distruzione di cadavere si legge questo.
La Corte d’appello spiega che «la coppia Logli-Ragusa versava da tempo in irreversibile stato di crisi matrimoniale a causa della protratta relazione del marito» con Sara Calzolaio (la giovane dipendente dell’autoscuola di famiglia ed ex baby sitter dei figli della coppia) e che «gli interessi economici dei coniugi erano strettamente intrecciati e non facilmente districabili vista la partecipazione in forma societaria all’attività di famiglia alla cui conduzione la Ragusa era principalmente dedita».
Inoltre, la donna, secondo anche le testimonianze raccolte, «aveva preso in considerazione l’ipotesi della separazione» che, concludono i giudici fiorentini, invece «era avversata dal Logli che ne temeva i contraccolpi economici nonostante fosse pressato anche dall’amante».
Logli in pratica avrebbe temuto di perdere l’attività economica di famiglia. Secondo la corte inoltre quello ad Antonio Logli è stato «certamente un processo di natura indiziaria». Tuttavia «la globale tenuta logico-probatoria della ricostruzione adottata dalla sentenza di primo grado» ha resistito anche nel procedimento d’appello che ha confermato la condanna.
Infine, secondo la corte «il diritto al silenzio» di Logli in tutta la fase processuale «certifica semplicemente la sua rinuncia a fornire la sua versione ma non indice sulla assoluta assenza di alternative letture della vicenda» e il mancato ritrovamento del corpo di Roberta Ragusa «impedisce di verificare con quale mezzo sia stato cagionato l’evento morte ma non esclude certo che l’omicidio si sia realizzato e a opera dell’imputato, anzi rafforza per quanto possibile il quadro indiziario».
La condanna in appello a 20 anni di reclusione per l’uomo accusato dell’omicidio e della distruzione del cadavere della moglie Roberta Ragusa era arrivata in maggio. La donna era scomparsa nella notte tra il 12 e il 13 gennaio 2012 dalla sua casa di Gello, nel comune di San Giuliano Terme, in provincia di Pisa.
Sono passati più di sei anni e di Roberta Ragusa, sparita con indosso un pigiama rosa e le pantofole, non si è più avuta nessuna notizia.