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Daniele Potenzoni, la Bruzzone: “Difficile essere ottimisti”

Non si fermano le ricerche di Daniele Potenzoni, il 37enne affetto da una forma grave di schizofrenia e autismo, scomparso da Roma il 10 giugno 2015. Nel frattempo, Massimiliano Sfrondini, l’infermiere milanese a cui l’uomo era stato affidato, è stato assolto perché “il fatto non costituisce reato“. Ora, ad intervenire sul caso è la criminologa e psicologa forense Roberta Bruzzone, sulle pagine del settimanale Giallo. “L’infermiere era stato rinviato a giudizio con l’accusa di abbandono di incapace su richiesta del pm Vincenzo Barba. Si è trattato di un dibattimento complesso che ha portato il giudice ad assolvere Sfrondini” commenta la Bruzzone.

L’esperta afferma poi di come sia difficile, a lungo andare, avere speranze nel trovare Daniele. “A nulla sono valsi sino ad ora gli appelli in Tv, il volantinaggio nella capitale e le ricerche da parte dei volontari che affiancano la famiglia Potenzoni in questa dolorosa e angosciante vicenda. A mano a mano che passa il tempo è sempre più difficile essere ottimisti sulla sua sorte“.

“E’ inaccettabile per un genitore”

A commentare la decisione del giudice del Tribunale di Roma di assolvere Sfrondini è stato Franco Potenzoni, padre di Daniele. L’uomo aveva così dichiarato a Giallo: “Con l’assoluzione dell’infermiere che ha perso di vista mio figlio, lo Stato ha dimostrato di non sapere tutelare le persone più deboli, come il mio Daniele. Dopo l’assurda pronuncia del giudice, ho capito che abbandonare una persona con problemi psichici non è reato. Questo è inaccettabile per un genitore. Dopo tre anni e mezzo, il mio Daniele non è stato ancora ritrovato: di chi è la colpa?” si chiede papà Franco.

Mio figlio è diventato un fantasma. Lo abbiamo cercato ovunque, senza risultati. L’allarme è stato lanciato troppo tardi – dichiara, arrabbiato, Franco Potenzoni -. La denuncia di scomparsa non è stata fatta subito. Perfino io, che sono il suo papà, sono stato avvisato solamente alla sera di quello che era successo. Sono profondamente amareggiato per la sentenza. Sia chiaro, non volevo un colpevole a tutti i costi, ma auspicavo una pena per colui che non ha vigilato sul mio Daniele. Purtroppo il giudice non l’ha pensata allo stesso modo. Tutto ciò è assurdo. Mio figlio è stato perso di vista e non ci sono responsabili. Daniele era stato affidato a questa persona, che avrebbe dovuto vigilare su di lui. Invece, non l’ha fatto”.

Franco, nonostante tutto, non si arrende. “Io non mi rassegno. Finché avrò fiato, griderò al mondo che Daniele deve essere cercato ancora! Questo però non sta avvenendo, perché le ricerche si sono fermate. Vi prego, aiutatemi a ritrovarlo. Sono certo che mio figlio sia ancora vivo e che stia aspettando che qualcuno lo riporti a casa”.

Cosa è successo a Daniele?

Il 10 giugno 2015 Daniele, che vive a Pantigliate (MI), è a Roma per assistere a un’udienza del Papa. Non è solo: con lui ci sono i ragazzi del centro diurno, il centro che offre sostegno a persone anziane o con disabilità. Intorno alle 8 del mattino, il gruppo raggiunge la fermata “Termini” della metropolitana. E’ proprio in questo momento che il 37enne sparisce in mezzo alla folla. E da quel giorno di lui si perdono completamente le tracce.

 

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