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Roberta Ragusa, il testimone: “Logli è troppo furbo per nascondersela in casa”

Dopo la clamorosa testimonianza, con la quale l’Associazione Penelope ritiene possano riaprirsi le ricerche del corpo di Roberta Ragusa, il teste torna a parlare. Una nuova dichiarazione che lascia intende la scaltrezza di Antonio Logli.

Il vicino di casa di Antonio Logli, Roberto Costa, torna a parlare della sua dichiarazione quando fu ascoltato dai Carabinieri di San Giuliano Terme il 6 marzo 2012. Dopo la pubblicazione da parte del settimanale Giallo della sua testimonianza sulle attività svolte nei giorni a seguire della scomparsa di Roberta Ragusa, la donna sparita nella notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012 dalla sua casa di Gello, in provincia di Pisa, il conoscente di vecchia data della famiglia Logli torna ad aggiungere qualche particolare. Per la morte della donna il marito Antonio Logli è stato condannato a 20 anni di carcere, con l’accusa di omicidio volontario e occultamento di cadavere.

“Non so niente di più, altrimenti l’avrei detto ai Carabinieri quando sono stato ascoltato nel 2012 e ora non voglio ulteriori grattacapi con la famiglia Logli. No, nessuna minaccia da parte loro. Ma, come si dice, meglio prevenire che curare”, questa l’affermazione di Roberto Costa, riportata da La Nazione. L’uomo aveva rivelato ai Carabinieri che sua madre aveva visto Antonio Logli, il giorno dopo la scomparsa di Roberta Ragusa, nel terreno nei pressi dell’abitazione in compagnia del padre Valdemaro. “Quell’appezzamento – ricorda Costa – fu anche scandagliato dai Carabinieri con il georadar e non fu rilevato nulla di particolare”. “Ho appreso dai giornali dell’appello dell’associazione Penelope Italia e non saprei proprio come aiutare nelle ricerche. Fu mia madre a notare i Logli su quel terreno proprio il giorno dopo la scomparsa di Roberta. Comunque penso che i suoi poveri resti non siano lì: è troppo furbo Antonio per nascondersela in casa“.

Roberto Costa non vuole immischiarsi in questa faccenda e, dopo aver ribadito ciò che sa e dichiarò alle Forze dell’Ordine, vuole restarne fuori: “Questa storia porta solo guai, ho già fatto il mio dovere deponendo davanti ai Carabinieri”. Nel frattempo l’Associazione Penelope Italia, che tutela le famiglie delle persone scomparse, ha presentato una formale istanza alla procura affinché si riprendano le battute di ricerca di Roberta Ragusa, indipendentemente dall’iter giudiziario. Nicodemo Gentile, legale di Penelope, che si è costituita parte civile al processo sulla morte della donna, ha spiegato la necessità delle nuove ricerche: “I casi di Guerrina Piscaglia e Manuela Teverini dimostrano che si possono fare anche a distanza di anni, come hanno fatto in quelle circostanze le procure di Arezzo e Forlì. È un dovere nei confronti della famiglia di Roberta e dei suoi figli trovare i suoi resti e assicurarle una degna sepoltura e un luogo dove poterle portare un fiore per ricordarla”.

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