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Marco Vannini, il testimone rivela: “Temo per la mia vita”

Marco Vannini, parla il testimone: “Adesso ho paura per la mia famiglia”

Dopo le mie dichiarazioni temo per la mia famiglia e per la mia incolumità. Ho detto tutta la verità ma adesso non posso più dire nulla.” Così Davide Vannicola, rilasciando un’intervista al settimanale Giallo, avrebbe raccontato i suoi dubbi e i suoi tormenti sull’intero caso Marco Vannini. Una vicenda che ha visto coinvolto Antonio Ciontoli e la sua famiglia e che avrebbe visto morire in circostanze poco chiare con un colpo di pistola il giovane Marco.

La sua testimonianza al programma Le Iene gli è costa

Marco Vannini, dichiarazione inquietante dopo l’omicidio: “Hanno fatto un casino”

Si continua a discutere intorno al caso Vannini: secondo le ultime indiscrezioni, Antonio Ciontoli avrebbe ricevuto un regalo da Roberto Izzo, un suo amico, poco prima dell’omicidio. Secondo un’indiscrezione presente su LettoQuotidiano, Vannicola, alla sua testimonianza di cui sopra, aggiunge anche che Izzo ha fatto un regalo a Ciontoli portandolo nella sua pelletteria. La richiesta specifica, ovvero la fabbricazione di una catana con fondina per inserire la pistola.

Izzo ha ideato questo regalo per sdebitarsi con Antonio, in quanto grazie a lui sarebbe entrato a far parte del servizi segreti. Resta però il dubbio di dove sia adesso questa catana. 

Marco Vannini, agghiacciante rivelazione potrebbe incastrare la famiglia Ciontoli

Rischia di complicarsi ulteriormente il caso Marco Vannini. Un servizio lanciato dal programma Le Iene potrebbe aprire un nuovo scenario sulla colpevolezza dei Ciontoli, come la testimonianza inedita di Davide Vannicola, amico dell’ex comandante dei Carabinieri di Ladispoli, Roberto Izzo.

“Ciontoli mi ha chiamato dicendo che hanno fatto un grosso guaio.” La dichiarazione riportata lascerebbe intendere che la responsabilità di quanto successo a Marco non sia esclusivamente di Antonio Ciontoli ma di tutta la famiglia? Le indagini continuano. 

Marco Vannini, la famiglia Ciontoli ricorre in Cassazione: “La pena va ridotta”

Non c’è pace per i genitori di Marco Vannini. La famiglia Ciontoli ha fatto sapere che ricorrerà in Cassazione per chiedere la riduzione della pena. Inoltre chiedono che non venga riconosciuta l’aggravante di “colpa cosciente” per l’omicidio colposo del 20enne di Ladispoli. A depositare il ricorso nei giorni scorsi è stato il legale di Antonio Ciontoli, l’avvocato Pietro Messina. 

Per quanto riguarda gli altri componenti della famiglia Ciontoli, ovvero Martina Ciontoli, il fratello di lei, Federico e la madre Maria Pezzillo, il legale avrebbe chiesto “l’assoluzione secca” per tutti e in alternativa, uno sconto di pena.

Marco Vannini, nuove testimonianze mettono in dubbio la versione dei Ciontoli

Il programma Le Iene è tornato a discutere della dolorosa vicenda di Marco Vannini, il ragazzo di Ladispoli morto nel 2015 a casa della sua fidanzata, Martina Ciontoli. Per il suo omicidio fu condannato a 5 anni di reclusione, Antonio Ciontoli, il papà della ragazza.

Adesso spuntano due ulteriori testimonianze: quella di Massimiliano Montini, “Massi” il datore di lavoro di Marco e quella del brigadiere dell’Arma dei Carabinieri Manlio Amadori, uno dei primi ad intervenire sul luogo la sera in cui Marco Vannini venne ucciso. Il capo di Marco, “Massi” durante gli interrogatori è stato citato diverse volte, dato che la famiglia Ciontoli sosteneva che Marco dopo essere stato ferito urlasse: “Scusa Massi” smentendo la teoria dei vicini che affermavano di aver sentito più volte gridare Marco: “Scusa Marti” (il nome della sua fidanzata.

Ai microfoni dell’inviato GoliaMontini ha ammesso: “È una storia strana, assurda, da non capacitarsi. A distanza di molto tempo per me è come se fosse successo ieriMarco l’ho conosciuto nel 2013 era un ragazzo modello, il figlio che vorresti avere: serio, educato, buono e disponibile, una bellissima persona. Parlarne non è facile, ti risale tutto, rivivi i sentimenti e le emozioni che hai provato in quei giorni, è molto difficile. Nel 2015 ci siamo sentiti per la stagione che doveva fare, ho ancora i messaggi sul telefono, non li cancello“. Con Marco si erano sentiti pochi giorni prima della tragedia e il ragazzo aveva lavorato sabato 16 e domenica 17, il giorno stesso dell’omicidio: “Quel giorno ci siamo salutati dovendo rivederci la prossima settimana, gli ho dato il compenso dei due giorni di lavoro, 100 euro. Mai stati ritrovati i soldi, io sono stato anche a testimoniare a processo in merito, ma niente“.

Golia allora ipotizza che il denaro potesse essere stato conservato dalla vittima all’interno dei vestiti che indossava quella sera, mai riconsegnati alla famiglia: “Marco venne a lavorare con un paio di calzoncini celesti e bianchi e la canottiera da bagnino. Quei calzoncini che aveva quando è stato portato al pronto soccorso non erano i suoi

Marco Vannini, i legali di Antonio Ciontoli: “Non possiamo crocifiggere una persona per un errore. Anche la famiglia Ciontoli ha sofferto”

I legali della famiglia Ciontoli tornano a parlare della terribile vicenda che ha visto coinvolto Marco Vannini e la famiglia della fidanzata di Marco, Martina Ciontoli. La colpa è grave ma non possiamo crocifiggere una persona per un errore. Ciontoli non era una persona esperta di armi e quello che può avere fatto in una frazione, in attimi, non è una cosa che poteva controllare.” 

Le dichiarazioni sono state rilasciate ai giornalisti durante una tumultuosa conferenza stampa. I legali sostengono che “nessun elemento probatorio è emerso circa l’eventuale esplosione volontaria del colpo di pistola da parte di Antonio Ciontoli”.  Poi mandano un messaggio alla vittima: “Voglio rivolgere un pensiero al povero Marco. Stroncare una vita a 20 anni è una tragedia e noi siamo solidali con la famiglia ma una tragedia simile l’hanno vissuta e continuano a viverla anche i Ciontoli…”, perché, a detta dei legali, perseguitati da quel ricordo e dai giornalisti.

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